giovedì 17 dicembre 2020

FALSIFICAZIONE DELLA REALTA

 




Oltre la siepe ...l'infinito

sviluppo dell'introduzione

La questione direttamente legata alla realtà soggettiva ed quelle “create” dall’uomo: la “realtà virtuale” e la “realtà potenziata” è la FALSIFICAZIONE. Questo problema investe ogni ambito, non solo quello giornalistico, ma anche quello scientifico, sociale, umano fino a quello della propria intimità personale. La falsificazione è il peccato che avviene perseguendo il male, e il suo risultato è la morte. Non necessariamente fisica ma soprattutto Spirituale: l’incapacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato; non instaurare il corretto collegamento tra le cose; l’ immobilità; il rifiuti di accettare l’esistenza di una realtà oggettiva, a noi preclusa.

Riassumiamo quanto anticipato su Radio Onde Furlane il 17 dicembre; nel corso della nostra vita tendiamo giustamente a considerare che le nostre percezioni – la vista, l’udito, il tatto, il gusto, l’olfatto – forniscano un ritratto accurato del mondo reale. Ma se ci fermiamo a riflettere o quando veniamo ingannati da qualche forma di illusione, ci accorgiamo che quel che percepiamo “non è direttamente il mondo bensì l’interpretazione che ne dà il nostro cervello – una sorta di simulazione interna della realtà esteriore”. Nondimeno, riteniamo la nostra simulazione ragionevolmente affidabile. Se non lo fosse, l’evoluzione ci avrebbe già spazzati via. La realtà assoluta è fuori della nostra portata, ma di certo i nostri sensi ci forniscono un buon quadro di che cosa si tratti davvero. Può sembrare tutto molto complicato come in effetti lo è ma possiamo semplificarlo ritornando nel quotidiano e scoprire cosa effettivamente ci rimane di straordinariamente umano; quella facoltà della mente umana in grado di creare immagini, di rappresentarsi a cose e fatti corrispondenti o no a una realtà, LA FANTASIA.

E’ con la fantasia che possiamo andare oltre il mondo della apparenza e far si che tutto sia possibile, anche l’impossibile. E’ un “posto” in cui il tempo, il sotto, il sopra, il peso, le misure non hanno ne senso ne condizionamenti fisici, insomma è quel luogo dove probabilmente risiede la nostra Anima,
 
quella che, nell’accezione più generica, come del resto nella coscienza comune, è il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, che è origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale” ( fonte Treccani ).

Ed ecco che se davanti a noi vi è una siepe che nasconde cosa vi sia dietro; con la ragione abbiamo pochissime opzioni mentre con la Fantasia abbiamo l’Infinito.
Ma la fantasia deve essere la mia, perché rappresenta ciò che io sono, (come espresso per anima) , perdere questa capacità di “immaginare l’inimmaginabile” a modo nostro, è l’ultimo gradino del processo di disumanizzazione perseguito attraverso le immagini trasmesse attraverso gli schermi di Tv, smartphone o chissà quali altri strumenti che “l’ homus tecnologicus” studierà. Immagini che piano piano stanno atrofizzando la capacità di avere una nostra fantasia, distogliere lo sguardo è la strada da seguire per salvarsi da un futuro di alienazione perché la fantasia e l’immaginazione sono quanto più vicino possibile al concetto di Spiritualità ovvero 

“dal punto di vista più elementare, essa consiste in una prospettiva secondo cui esiste un livello della realtà, non percepibile coi sensi fisici, situato oltre quello della materia tangibile, dal quale quest'ultima trae vita, intelligenza o, per lo meno, lo scopo di esistere; può anche arrivare ad includere la fede in esseri o poteri soprannaturali (come nella religione), ma sempre con l'accento posto sul valore personale dell'esperienza”( fonte Wikipedia) 

La strada salvifica da seguire è quella di coltivare la nostra parte spirituale e per farlo è opportuno non considerarla come un apprendimento ma piuttosto come un percorso, o cammino spirituale, il tuo percorso il cui inizio è il punto della tua conoscenza da cui incamminarti in un percorso che ti farà scoprire l’obiettivo a cui istintivamente tenderai come ad esempio: un più alto stato di consapevolezza, il raggiungimento della saggezza o una comunione col divino in termini di trascendenza o di immanenza. Se per moltissimi la realtà futura sarà quella dentro uno schermo, che questa non sia la tua, che l’ immagine della realtà sia quella dentro la tua Anima.

Oltre la siepe l'infinito

 


OLTRE LA SIEPE……L’INFINITO.

Visioni di un mondo futuro.

L’importanza  della Spiritualità nella società post-Covid

Introduzione al tema.

La realtà futura rischia di essere quella  trasmessa attraverso schermi di Tv, smartphone o di chissà quali altre “innovazioni” che “homus tecnologicus” studierà.

Davanti ai nostri occhi passeranno visioni di una realtà “confezionata” da qualcuno e per i meccanismi della nostra mente che ci governano questa sarà la realtà, sarà possibile? E cosa possiamo fare per sfuggire a questo terribile futuro?

Il mio gatto, come tutti i gatti,  non ha cognizione dei fatti che lo circondano,  vive istintivamente e per questo rimane  indifferente se vede  in tv altri gatti o del cibo, no queste pubblicità sono fatte per noi.  Ma perché queste cose non hanno effetto su di lui? Interpellato un esperto mi ha spiegato che “se una cosa non ha odore o non miagola, per loro non esiste”.



Ma allora perché per noi, se vediamo immagini di cuccioli o di cibo anche se non sentiamo il profumo o non miagolano ci viene l’acquolina in bocca o ci inteneriamo? Quali sono i meccanismi che si mettono in moto?

Il gatto e gli animali in genere, si relazionano con il mondo attraverso “la contemporaneità dei loro sensi”, se manca qualche cosa allora per loro è incompleta e quindi priva di interesse. Per noi non è così perché andiamo oltre e la mente ricrea l’illusione di ciò che manca.

Anche noi ci relazioniamo con il mondo attraverso i sensi ma non nella loro contemporaneità, a pensarci bene proprio la vista è quello emotivamente meno coinvolgente perché ciò che “vediamo” è solo l’interpretazione che ne dà il nostro cervello – una sorta di simulazione interna della realtà esteriore . Per capire questo meccanismo proviamo a fare un facile esperimento, chiudiamo gli occhi e odoriamo un profumo, ecco che con il pensiero “vedremo” ciò che quel odore risveglia in noi. Oppure il tatto che ci regala fremiti soprattutto chiudendo gli occhi. E già, i sensi ci fanno una visione del mondo “costruita” dal nostro cervello.

Ma se tutto fosse sostituito da una “realtà virtuale” oppure da una “realtà potenziata” cosa mai succederebbe ?

Il tema è più rilevante di quanto a primo approccio possa sembrare ed è un tema quanto mai attuale in questa situazione di distanziamento sociale. L’uomo è un “animale” sociale, ha bisogno dei suoi simili, ha bisogno del contatto umano e non solo, ha bisogno del contatto con l’aria, la pioggia, il bosco, il suolo, i rumori, la vita insomma, ma quella vera.

Privato di tutto questo potrebbe entrare in un processo di disumanizzazione e poi proviamo a chiederci che essere umano sarà, quale mondo e quale società si verranno a creare. Questo scenario è affrontato e discusso da molti sociologi ed esperti da parte nostra cercheremo di capire cosa possiamo fare e come per evitare che questo accada.

sabato 1 agosto 2020

La felicità nazionale lorda del Bhutan • Scritto da Stuart


Scritto da Stuart 


Nel regno himalayano del Bhutan, la cultura buddista tradizionale ha contribuito a plasmare le politiche del governo sull'ambiente e la ricerca della felicità umana. Dovremmo tutti seguire l'esempio?

'È la casa di mio padre, ma me ne occupo mentre è via. Se n'è andato da molto tempo ormai.
Mentre parlava, le mani della signora Chozam erano vorticose con fili di cotone e la kira che cresce lentamente (abiti tradizionali avvolgenti delle donne bhutanesi) che stava tessendo su un telaio tradizionale. Facendo una pausa dal suo lavoro, agitò una mano vagamente verso nord: "Sta meditando in una delle caverne a circa quattro ore di cammino su quella montagna".
Nella direzione indicata, il pendio della montagna si innalzò bruscamente verso l'alto dalla valle del fiume. Alcune case di pietra con finestre di legno dipinte a colori vivaci si aggrappavano alle parti inferiori della collina. Teste di mais ingiallite che si asciugavano nel sole debole pendevano dalle travi del tetto e intorno a ogni casa c'erano un paio di piccoli campi a terrazze approssimativamente. Sopra l'ultima casa, però, la natura si è riaffermata. Foreste di rododendri grandi come querce e ricoperte di infuocati fiori rossi e viola mescolati a conifere a schiena dritta. Tutti erano decorati con muschio spagnolo come un milione di barbe aggrovigliate di pescatori. Per tutta la valle non c'erano nient'altro che alberi fino a quando, alla fine, morirono tra i pendii di ghiaia vuoti sotto vette di neve lontane. Sembrava un ambiente incontaminato dell'Himalaya. La signora Chozam lanciò uno sguardo pensieroso verso le montagne."Ora non tornerà a casa finché non morirà."


PENSIERI PROFONDI
Senza sbocco sul mare e stretto tra l'India e la Cina, il minuscolo (circa delle stesse dimensioni della Svizzera), il regno buddista himalayano del Bhutan crea un ottimo equilibrio sia politicamente che socialmente. Fino agli anni '50, il paese era sigillato al mondo esterno ed era uno dei paesi meno sviluppati sulla Terra. All'epoca l'aspettativa di vita media era di soli 33 anni, c'erano solo due medici in tutto il paese e il PIL per persona era di soli $ 51. Non c'era elettricità. Nessun telefono Nessun servizio postale. Niente strade. Niente auto. Le cose sono cambiate da allora.
Non dovrebbe essere affatto sorprendente sentire che il padre della signora Chozam sarebbe rimasto a meditare in una caverna remota fino alla sua morte. Lunghi periodi di meditazione solitaria sono comuni nel Bhutan. Avevo già incontrato un certo numero di persone che erano recentemente emerse dalla meditazione. Ma questi non erano meditatori casuali, un'ora prima della colazione. Quasi tutti si impegnano a trascorrere ben tre anni, tre mesi, tre settimane e tre giorni (3.333 essendo un numero propizio qui) confinati in una grotta su un pendio di montagna boscosa. Durante questo periodo non possono avere alcun contatto con il mondo esterno.
Qualche giorno prima avevo incontrato un monaco che recentemente era riemerso dopo un periodo di meditazione. "La cosa che mi ha colpito di più quando sono tornato al monastero sono stati i telefoni", ha detto. "Sì, la gente li aveva prima che io andassi nelle grotte, ma ora tutti i monaci più giovani fanno lo sguardo sui loro telefoni e giocano su di loro!"
Ma perché farlo? E come si sentono le famiglie di coloro che sono rimasti indietro quando le persone vanno a meditare? La signora Chozam ha risposto che per me: "Mio padre ora ha 62 anni. È andato alle caverne per tre anni, è tornato per alcuni mesi e poi è tornato alle caverne. Se ne è andato da nove anni. Ovviamente mi sono sentito triste quando è andato. Lo abbiamo fatto tutti. È come se stessi piangendo la morte di qualcuno. Ma allo stesso tempo siamo tutti orgogliosi. Non sta meditando per se stesso. Sta meditando per la felicità e la pace di tutti gli esseri senzienti. Le persone che vanno a meditare lo fanno per il bene di tutte le persone e tutte le creature sulla Terra. È una cosa di grande orgoglio per una famiglia quando qualcuno dedica parte della sua vita a questo. Un giorno anche io andrò a meditare, ma non ancora. Qualcuno deve preparare la cena per i bambini! 

FELICITÀ NATURALE
Quando il paese ha aperto per la prima volta le sue porte, ha dato una occhiata al resto del mondo e ha pensato a come raggiungerlo, ha cercato risposte alla propria cultura e alla forte fede buddista. Il risultato è stato un'enfasi non sul PIL (sebbene sia aumentato enormemente, così come l'aspettativa di vita e quasi tutti gli altri barometri dello sviluppo), ma sulla salute e la felicità del paese e di tutte le creature che vivono entro i suoi piccoli confini. Era come se l'intero governo stesse seguendo il percorso stabilito dal padre della signora Chozam. Il governo l'ha definita Gross National Happiness (GNH), trovando un equilibrio, dice, tra benessere materiale e benessere mentale.
Esistono quattro pilastri ufficiali di GNH:
• Sviluppo socio-economico sostenibile ed equo
• Buon governo
• Conservazione e promozione della cultura
• Tutela ambientale
Mentre la maggior parte dei governi di tutto il mondo protegge l'ambiente perché ci fornisce gli elementi essenziali della vita - acqua, cibo ed energia - la politica ufficiale del GNH del Bhutan è di proteggere l'ambiente, secondo il Center for Gross National Happiness, perché "l'ambiente si ritiene che contribuisca a stimoli estetici e di altro tipo che possono essere direttamente curativi per le persone che godono di colori vivaci e luce, brezza non contaminata e silenzio nel suono della natura ".
In molti modi l'etica ambientale del Bhutan si è evoluta dal concetto buddista di paesaggio sacro. I buddisti credono che le foreste, i fiumi e le montagne debbano essere lasciate come previsto dalla natura. Questo senso del sacrosanto ambiente è tale che le montagne più alte del Bhutan non sono state scalate. Né saranno mai sommati. L'alpinismo (ma non il trekking) è illegale in Bhutan dal 2003 per l'espressa ragione di preservare la santità delle vette dove risiedono gli dei.
Quel concetto di paesaggio sacro significa che in Bhutan un albero è più di un semplice albero. È un simbolo di lunga vita, compassione e bellezza. Inutile dire che gli alberi d'amore bhutanesi. Nel 2015, il paese è riuscito a piantare 50.000 nuovi alberi in un'ora (battendo il record mondiale nel processo) e quando il giovane, e molto adorato, è nato il primo bambino del re e della regina nel 2016, il paese ha celebrato piantando decine di migliaia di alberi.
Ma soprattutto, a causa della politica di GNH e del non-danno del buddismo a tutti gli esseri viventi, questo è un luogo che valorizza le sue foreste. Per legge, almeno il 60% del paese deve conservare la copertura naturale delle foreste per le generazioni future, ma al momento un impressionante 71% del paese è coperto da foreste (e non è che il restante 29% sia costituito da terreni urbani o agricoli. Grandi parti dell'altopiano del Bhutan sono al di sopra della linea degli alberi e sono incontaminate aree selvagge alpine).
In termini di protezione ambientale, il Bhutan è molto più avanti della maggior parte delle nazioni asiatiche, di fatto la maggior parte delle nazioni del mondo. Nel 1999, molto prima che diventasse di moda, il Bhutan divenne uno dei primi paesi a vietare parzialmente (e ora totalmente) i sacchetti di plastica; mira ad avere un'agricoltura biologica al 100% nei prossimi anni e, soprattutto, è l'unico paese a emissioni zero di carbonio del pianeta (anche se lo sviluppo e la domanda di automobili aumentano, questo diventerà più difficile da mantenere e il Bhutan punta a rimanere almeno carbon neutral).
Entro il 2030 il paese mira anche a essere totalmente privo di rifiuti. Quasi la metà (47,3 per cento) della superficie del Bhutan è classificata (e quindi protetta) come parco nazionale e santuario. Questo lo rende il quarto paese più protetto al mondo. Questi parchi sono mantenuti in modo efficiente e sono in vigore leggi rigide per il bracconaggio o il disboscamento in tali zone.
Nel maggio 2019, un rapporto delle Nazioni Unite affermava che un milione di specie animali e vegetali sono ora minacciate di estinzione e che la natura in tutto il mondo sta diminuendo a velocità mai viste prima. Le ragioni? Il nostro bisogno di sempre più cibo ed energia. Il rapporto ha continuato affermando che queste tendenze potrebbero essere fermate ma che ci vorrebbe un "cambiamento trasformativo" in ogni aspetto di come l'umanità interagisce con il mondo naturale. Uno dei modi in cui il rapporto ha suggerito che le cose potrebbero cambiare è che il mondo si allontani dal "paradigma limitato della crescita economica", ovvero smettere di usare il PIL come misura chiave della ricchezza economica e passare invece a un sistema che misura la qualità della vita umana e dei nostri effetti a lungo termine sull'ambiente. Sembra molto simile alla scala della felicità nazionale lorda del Bhutan.

DANZA DELLA GRU
Una o due settimane dopo l'incontro con la signora Chozam stavo camminando attraverso le colline che circondano la gloriosa valle di Phobjikha nel Bhutan centrale. Sulla cresta di una collina fasci colorati di bandiere di preghiera svolazzavano nella brezza. La mia guida indicò un gruppo di alberi sul lato opposto della collina. "Ci sono grotte di mediazione tra quegli alberi", mi informò.
Proprio in quel momento uno squawk distinto e roca echeggiò attraverso i cieli sopra di noi. Uno stormo di gru dal collo nero circondò una volta, due volte e poi una terza volta prima di atterrare nelle paludi sotto il grande monastero di Gangtey. La mia guida sorrise. "Le gru sono tornate", disse con un certo piacere. 'Ogni autunno vengono dal Tibet. Fanno sempre il giro del monastero tre volte. Stanno facendo un Kora (circumambulazione religiosa). Le persone qui saranno felici. Fra qualche settimana terranno un festival per dare il bentornato alla gru. "
In un TED Talk del 2016, l'allora primo ministro del Bhutan, Tshering Tobhay, si è concluso con una sfida per la comunità globale: "Ti invito ad aiutarmi, a portare questo sogno oltre i nostri confini a tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta. Dopotutto, siamo qui per sognare insieme, per lavorare insieme, per combattere insieme i cambiamenti climatici, per proteggere insieme il nostro pianeta. Perché la realtà è che ci siamo dentro insieme '.
Meditando a beneficio di tutta la vita sulla Terra, proteggendo il mondo naturale solo per il piacere intrinseco che può portarci e organizzando festival per accogliere gli uccelli migratori. Mentre le gru si sistemavano per nutrirsi, non potei fare a meno di pensare che questa nazione poco conosciuta ha molto da insegnare al mondo.





martedì 21 luglio 2020

LE LEGGI UMANE


Le regole (vedi leggi) sono sempre state scritte da chi è al potere (il più forte, ricordate la clava dell'età della pietra? Ecco la stessa cosa ma in una forma diversa) 
Le regole o meglio leggi. hanno sostanzialmente due scopi: 
- salvaguardare il mantenimento degli interessi dei componenti del potere costituito 
- “ controllare” le masse (servi) perché se fuori controllo possono far cadere il potere costituito ( vedi rivoluzione francese e quella russa ).
La strategia di controllo poggia su un semplice postulato: 
per controllare le masse vanno tenute affamate, malate ed ignoranti. 
Certamente l'entità di queste vanno costantemente adeguate ai tempi, al progresso ed agli strumenti in mano al potere costituito. 
Oggi, in occidente, è praticamente impossibile morire di fame o per una malattia banale, quindi tutto il controllo poggia sulla ignoranza. Si, oggi è questo lo strumento di controllo. 
Questo controllo è esercitato in modo estremamente raffinato poiché siamo nella società della informazione e comunicazione. 
Ma quali sono gli strumenti per mantenere la gente nella ignoranza quando ha accesso alla conoscenza universale? 
Beh la confusione. Cioè dare notizie false o manipolate. Questa operazione inizia sin dalle scuole, nelle quali la storia viene fatta studiare su testi scolastici che la riporta in modo “addomesticato” ma non solo, anche le materie scientifiche vengono trattate più come “atti di fede” che di scienza che comunque è una invenzione umana, strutturata su postulati e teorie la maggior parte delle quali non hanno dimostrazione fuori dalle regole della scienza umana stessa. 
Per il raggiungimento dello stato passivo di accettare tutto quello che viene veicolato attraverso i canali di comunicazione, è essenziale addomesticare le persone ad un pensiero unico. Insomma niente è cambiato nella gestione del rapporto tra il potere costituito e gli schiavi se non la forma della “catena”, una volta era ben visibile e percettibile, oggi è invisibile e impercettibile. 
Se è vero che una volta bisognava fisicamente spezzarla questa catena per essere liberi oggi come si può spezzare la catena? 
Bisogna attrezzarsi, usare strumenti adatti e l'unico potente strumento che possediamo, buono sempre, sia per spezzare quella catena di metallo sia per questa “virtuale è; usare il cervello. Solo gli schiavi mentalmente liberi, intelligenti e motivati riuscivano a liberarsi. Oggi è lo stesso, solo coloro che sono attenti ad ascoltare tutti senza pregiudizio, coloro che vogliono farsi una opinione propria, pronti a cambiarla se ve ne è una migliore, solo quelli che non vivono nella buca dei loro pregiudizi, solo quelli intolleranti alle imposizioni ed ad obblighi che non sentono giusti, solo questi possono sperare di diventare uomini liberi e di cambiare, forse, il mondo non con una rivoluzione eclatante ma contaminando gli altri con il loro esempio di uomini liberi. Per farlo è indispensabile conoscere le regole, cogliere tutte le ingiustizie, privilegi e vessazioni in esse contenute per riuscire a destreggiarsi attraverso esse poiché essendo umane sono fallibili e da qui iniziare a demolirle.

venerdì 10 luglio 2020

Letture sconsigliate

A CHE PUNTO SIAMO? L'epidemia come politica

Giorgio Agamben (Roma, 22 aprile 1942) è un filosofo e accademico italiano.

Uscito a Febbraio 2020

Di fronte alle frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta epidemia dovuta al virus corona, occorre partire dalle dichiarazioni del CNR, secondo le quali non solo «non c’è un'epidemia di SARS-CoV2 in Italia», ma comunque «l’infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza. Si calcola che solo il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva».
Se questa è la situazione reale, perché i media e le autorità si adoperano per diffondere un clima di panico, provocando un vero e proprio stato di eccezione, con gravi limitazioni dei movimenti e una sospensione del normale funzionamento delle condizioni di vita e di lavoro in intere regioni?

La sproporzione di fronte a quella che secondo il CNR è una normale influenza, non molto dissimile da quelle ogni anno ricorrenti, salta agli occhi. Si direbbe che esaurito il terrorismo come causa di provvedimenti d’eccezione, l’invenzione di un’epidemia possa offrire il pretesto ideale per ampliarli oltre ogni limite.
L’altro fattore, non meno inquietante, è lo stato di paura che in questi anni si è evidentemente diffuso nelle coscienze degli individui e che si traduce in un vero e proprio bisogno di stati di panico collettivo, al quale l’epidemia offre ancora una volta il pretesto ideale. Così, in un perverso circolo vizioso, la limitazione della libertà imposta dai governi viene accettata in nome di un desiderio di sicurezza che è stato indotto dagli stessi governi che ora intervengono per soddisfarlo.

I poteri dominanti hanno così deciso di abbandonare senza rimpianti le democrazie borghesi, con i loro diritti, i loro parlamenti e le loro costituzioni per sostituirle con nuovi dispositivi di cui al momento possiamo solo intravederne il disegno, non ancora del tutto chiaro nemmeno per coloro che ne stanno tracciando le linee probabilmente . Lo stato di eccezione ci sta accompagnando verso una Grande Trasformazione tramite la sospensione delle garanzie costituzionali. La salute è diventata una nuova religione di cui gli scienziati da talk show sono i profeti.. Quello che nella tradizione delle democrazie era un diritto del cittadino alla salute si rovescia, senza che la gente sembri accorgersene, in una obbligazione giuridico /religiosa che deve essere adempiuta a qualsiasi prezzo. Quando è minacciata la nostra salute, siamo disposti, a quanto pare, a tollerare restrizioni della libertà impensabili.

Ogni volta che sentiamo parlare di seconda ondata del virus, faremmo meglio a ricordarci quanto possa essere devastante quello che Agamben definisce “dispotismo tecnologico-sanitario”Lo abbiamo sperimentato epr qualche mese e non è stato piacevole. Ora i Poteri dominanti hanno assaporatola nuova forma di controllo è facile pensare che coglieranno l’occasione per riutilizzarla. A questo punto serviranno nuove forme di resistenza ma non aspettiamoci che a inventarle siano gli intellettuali italiani. I quali al solito si sono rivelati i più entusiasti coriferi del regime

martedì 12 maggio 2020

FRIULI TV.NET




vedi i nostri interventi
6 maggio 2020  Ritorno alla Anormalità
13 maggio 2020   Tradizioni
4 giugno La comunicazione strumento di  controllo di massa
5 giugno  Isolamento bambini, quali conseguenze per il loro sviluppo?



La nostra associazione collabora con questa nuova WEB Tv con una RUBRICA  fissa settimanale IL BURLONE dove, in uno spazio di 5 minuti, commentiamo temi sociali di cronaca a cura del presidente Bortone Francesco.

FRIULI TV è un nuovo servizio di televisione fruita attraverso il Web, pratica ed a portata di tutti, in ogni momento.
L’obiettivo di Friuli Tv è fare informazione quotidiana con notizie e fatti che accadono nella nostra regione.
Una “presa diretta” attraverso filmati e interviste che diano notizie aggiornate da ogni località della regione.
Fatti ed accadimenti che una volta riportati nel sito rimangono nel tempo e possono essere consultati in ogni ora del giorno e della notte e facilmente condivisi sui social o salvati.
Grazie alla rete mondiale, le nostre news sono raggiungibili in tutto il mondo grazie a questo tipo di servizio e quindi anche i friulani residenti all’estero possono aggiornarsi sui fatti della loro regione indipendentemente da dove risiedano o dal fuso orario.
FRIULI TV è gratuita.

COLLABORAZIONI
Viene data la possibilità a chi fa parte della associazione di fare la "Professione Reporter" segnalando QUALSIASI SIGNIFICATIVO ACCADIMENTO NEL PROPRIO TERRITORIO. 
La segnalazione potrà essere fatta: 
direttamente alla associazione 
"alternattivauno@gmail.com
telefono 3334147250
direttamente alla redazione di FriuliTv 
dal sito dalla area contatti
scrivendo una mail al info@friulitv.net
telefonando al 3338306875 signor Omar Costantini


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domenica 10 maggio 2020

COMPLICI DEI NOSTRI CARCERIERI

Coronavirus: libertà fondamentali e diritti costituzionali azzerati per decreto

Il deficit democratico da Covid-19 spiegato da Alberto Rizzo, Avvocato Cassazionista e Direttore Generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria

L’Italia è in emergenza sanitaria. Lo sanno tutti. Libertà fondamentali e diritti costituzionali di milioni di cittadini sono stati praticamente azzerati per decreto. Le norme emanate in questi mesi accentrano gran parte dei poteri nelle mani del Governo con un lavoro parlamentare ridotto ai minimi termini. Al di là dell’innegabile priorità del contenimento del contagio da Covid-19, serpeggia il rischio che, insieme al sovvertimento del modo di vivere e di convivere, possa esserci anche quello del principio democratico. Oltre alla pandemia, stiamo assistendo, infatti, ad un’erosione di beni costituzionali che non avremmo probabilmente mai neanche immaginato potessero essere limitati. Non certo tutti contemporaneamente e di sicuro non fino a questo punto. L’elenco comprende la libertà di circolazione, soggiorno ed espatrio (articolo 16), la libertà di riunione (articolo 17), quelle di esercizio dei culti religiosi (articolo 19) e di insegnamento (articolo 33), la libertà di iniziativa economica (articolo 41, primo comma), nonché i diritti derivanti dalla garanzia e dall’obbligo di istruzione (articolo 34). Una situazione inedita per la Repubblica e foriera di mutamenti radicali. Per provare a fare chiarezza tra la magmatica legislazione emergenziale, lasciamo la parola ad Alberto Rizzo, Avvocato Cassazionista e Direttore Generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria.
Avvocato, come sono state assunte le misure limitative dei diritti di fronte all’emergenza Coronavirus?
“Dal punto di vista giuridico e sociale, allo scopo di fronteggiare l’emergenza Coronavirus, il Governo ha adottato misure extra ordinem, non ricorrenti prima d’ora nella storia repubblicana. Tali misure sono state giustificate dallo stato di eccezione, dichiarato in presenza di un’emergenza sanitaria, la quale avrebbe imposto di sospendere il rispetto dello Stato di Diritto, al fine di dedicare ogni energia al superamento dell’emergenza medesima”.
Quali i punti di riferimento nella nostra Costituzione?
“Secondo Carl Schmitt (Teologia politica) ‘Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione’. Al riguardo, non vi è dubbio che il Parlamento sia l’unico luogo ove, legittimamente e costituzionalmente, si possa dichiarare lo stato di eccezione e approvare norme limitative della libertà personale. In casi straordinari di necessità e urgenza, il Governo può adottare un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione. Un passaggio parlamentare, in effetti, nella gestione della crisi sanitaria, c’è stato con la conversione del Decreto Legge 17.03.2020 n. 18 e, tuttavia, le restrizioni dei diritti fondamentali in capo ai cittadini sono giunte attraverso i D.P.C.M., ovvero i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Si ricorda, in proposito, che il Governo è un organo collegiale, rispetto al quale il Presidente del Consiglio è un semplice primus inter pares”.
Gli atti sinora adottati ai sensi del Decreto Legge n. 6/2020 sono rispettosi del diritto costituzionale?
“La decretazione del Presidente del Consiglio dei Ministri ha riguardato più materie, come gli articoli 13, 16, 17, 19, 24, 33 e 42 della Costituzione, coperte da riserva di legge e con un’incidenza altamente restrittiva dei diritti fondamentali. Anche a voler sospendere il giudizio, in attesa che venga superata la pandemia, fin da ora è sicuramente legittimo nutrire più di un dubbio, trattandosi di una fonte sub primaria. I D.P.C.M., infatti, si collocano in una zona grigia della classificazione delle fonti del diritto, tra atto politico ed atto amministrativo, e sfuggono al controllo del Parlamento, del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale”.
In queste settimane c’è parecchia confusione normativa tra ordinanze di sindaci, dei governatori e i decreti del Governo. Chi può deliberare cosa in questo momento?
“Gli strappi alle regole dello Stato di Diritto, peraltro, non finiscono qui. Troppe, infatti, le ordinanze, ulteriormente restrittive, adottate in maniera alluvionale da parte di Presidenti di Regione e Sindaci, in una vera e propria corsa al rialzo sul lockdown: si assiste, impotenti, ad una deriva localistica della gestione dell’emergenza sanitaria, assolutamente non accettabile, poiché le deroghe, ad esempio, alla libertà di circolazione possono essere stabilite soltanto con provvedimenti di livello nazionale”.
Che cosa prevede il diritto emergenziale?
“Il diritto emergenziale deve comunque rispettare i principi democratici: ne va della tenuta del sistema nel suo complesso (Minniti, Lo stato di eccezione, Aracne Editrice, 2015). Fin qui, tutte queste misure sono state bene accette e ciò costituisce un male. Tutte le forme di autoritarismo si sono affermate con il consenso della gente”.
Come un giurista valuta la gestione dell’epidemia da parte dei pubblici poteri?
“Oggi pare di risiedere in una società dove il pensiero comune ritiene che niente sia peggio della morte e, soprattutto, non la schiavitù. L’inconveniente è che questo tipo di società finisce sempre per morire. Dopo essere stata ridotta in schiavitù (Alain De Benoist). Orwell - al riguardo - ha avuto il merito non solo di prefigurare il futuro, ma di farlo così bene da essere più accurato e profondo del più raffinato intellettuale d’oggi. Meno di un secolo fa, infatti, riportava un episodio - nel suo capolavoro, ‘1984’ - in cui O’Brien - uno degli sgherri del governo totalitario - cerca di convincere Winston - il povero protagonista dissidente - che ‘2+2’ dà come risultato ‘5’. La cosa interessante è questa: Winston non deve solo dire una menzogna. Deve realmente convincersi di quella menzogna, deve pronunciarla non per compiacere il carnefice, ma per plagiare in maniera irreversibile il proprio cervello. Alla fine ci riesce. È la vera, tombale, vittoria del regime.  Un regime ‘serio’ - questa la straordinaria intuizione di Orwell - non vince davvero se ti costringe a pensarla come lui. I regimi perfetti vanno oltre: ottengono dalla coscienza e dall’intelligenza delle loro vittime una resa totale e incondizionata. Questa consiste non nella disponibilità a mentire, ma nella trasmutazione della menzogna in verità”.
Come si traduce tutto questo al giorno d’oggi?
“Oggi, questo scenario si è realizzato rispetto a molte vicende: che sia la BEI, il MES, i Corona bond, il SURE, o qualsiasi altro meccanismo, la verità che pare tingersi di conferma all’orizzonte è soltanto una, consistente nel fatto che i cittadini ‘aiutano’ se stessi spendendo più soldi di quelli ricevuti e cioè impegnandosi a restituire il presunto atto di generosità, con gli interessi, per i decenni a venire. Niente è a fondo perduto, nulla è ‘regalato’ dallo Stato. Ogni risorsa proviene dalle banche e dovrà essere restituito da privati, famiglie ed imprese”.
Quali rischi corriamo nell’immediato futuro?
“Il vero problema, se si analizza a fondo la questione, non è economico: è psicologico. Chiunque ha ancora un briciolo di coscienza critica ‘vede’ queste cose. Il dramma è il numero enorme di soggetti, sia tra i governanti che tra i governati, che non le ‘vedono’ più.  Alcuni - quando parlano di ‘Impegno straordinario’, di ‘Sfida epocale’ - certamente mentono sapendo di mentire. Ma moltissimi altri mentono ‘non’ sapendo di mentire. Sono giunti allo stadio di intossicazione cronica della coscienza di cui parlava Orwell: quello dove ‘2+2’ fa ‘5’, con un impegno preoccupante ad abolire la socializzazione umana, in modi e modalità che portano ad un disagio inimmaginabile. ‘L’unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa - un terrore senza nome, irragionevole, ingiustificato, che paralizza gli sforzi necessari per convertire la ritirata in progresso’. Le parole sono di Franklin Delano Roosevelt. La sua sfida era la recessione, non la malattia, ma le sue parole hanno, oggi più che mai, una risonanza più ampia. La paura è pericolosa. È il nemico della ragione. Sopprime l’equilibrio ed il giudizio. Ed è contagiosa”.
I cittadini di fronte all’emergenza obbediscono ai divieti senza farsi troppe domande…
“Il Coronavirus, probabilmente, è l’esempio più recente e dannoso, con governi che hanno adottato, con il sostegno dell’opinione pubblica, le misure più estreme ed indiscriminate, sottoponendo la maggior parte della popolazione, giovane o anziana, vulnerabile o in salute, alla detenzione domiciliare a tempo indeterminato, in un quadro di incertezza giorno dopo giorno sempre più inquietante e pericolosa per la nostra Democrazia”.
Quanto incide questa lunga serie di limitazioni sulle nostre libertà garantite dalla Costituzione?
“La limitazione del diritto costituzionale alla circolazione, ad esempio, può essere ipotizzato soltanto sulla base di un’identificazione della malattia certa, fondata su presupposti oggettivi, legati alla tipologia dell’emergenza sanitaria, consistente in un ‘virus da contatto, non aereo’. Al riguardo, i Protocolli specifici di prevenzione per la tutela del personale sanitario prevedono, essenzialmente, due condizioni di salvaguardia per la sanità pubblica: il distanziamento di un metro dalle altre persone; e, fino a prova contraria, trattandosi di un contagio trasmissibile per contatto sotto tale distanza, la permanenza con una persona infetta per oltre 15 minuti. Pertanto, se si salisse sulla propria autovettura, da soli, non si potrebbe contagiare alcuno, viaggiando indisturbati sino al confine dello Stato, circolando liberamente per tutte le zone del Paese. Ma ciò è vietato, illegittimamente e forse anche illecitamente dall’attuale Governo”.
 Quali diritti costituzionali sono coinvolti?
“La limitazione della libertà di circolazione durante la quarantena, così come è stata congeniata (sostanzialmente non si poteva più uscire di casa), si è trasformata in violazione della libertà personale, la quale non può mai essere limitata, se non in casi particolari ed individuali (vedi, ad esempio, il T.S.O. - Trattamento Sanitario Obbligatorio). La violazione della libertà costituzionale di professare la propria religione con il divieto imposto di recarsi ai templi delle varie confessioni, al fine di professarla singolarmente. L’assordante silenzio su questi provvedimenti liberticidi da parte del Presidente della Repubblica, che su profili di tale gravità non si è ancora espresso, ma anzi ha avallato, rendendo di estrema attualità la considerazione di Albert Einstein, secondo il quale: ‘Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare’”.
La Costituzione disciplina lo stato di emergenza?
“In Italia non esiste lo stato di emergenza, ma solo di guerra. La nostra Costituzione conosce lo ‘Stato di guerra’ (art. 78), non lo ‘Stato di emergenza’. Non a caso, lo Stato di emergenza è stato dichiarato in base agli artt. 7, 1° comma, lettera c) e 24, 1° comma, Decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 1: quindi, in base ad una Legge ordinaria, ovvero in forza del Codice della Protezione Civile, e non in base alla Costituzione. Ad ogni modo, lo ‘Stato di guerra’ deve essere deliberato dal Parlamento, il quale stabilisce quali sono i poteri del Governo per far fronte alla situazione (art. 78 Costituzione) ed infine deve essere dichiarato dal Presidente della Repubblica (art. 87 Costituzione)”.
Il Parlamento, quindi, è tagliato completamente fuori?
“Nel nostro caso lo ‘Stato di emergenza’ non è stato deliberato dal Parlamento, né dichiarato dal Presidente della Repubblica. Dal che, in breve, si può affermare come né la nostra Costituzione, né la nostra Legge ordinaria, offrono strumenti per dar disciplina giuridica all’odierna tragedia. Ma l’assenza di riferimenti costituzionali ed ordinari per far fronte ad una pandemia da virus non significa allora libertà piena per il Governo di adottare ogni misura. Ciò è escluso dallo stesso Codice della Protezione Civile che, all’art. 25, espressamente prevede come ogni provvedimento debba essere adottato ‘nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione europea””.
Come sarebbe stato preferibile agire?
“Seppur la nostra Costituzione non contenga una disciplina specifica dello ‘Stato di emergenza’, non di meno la legislazione di emergenza deve rispettare la nostra Costituzione, nonché i principi dell’Unione europea, per tutto quanto emerge dalla nostra Costituzione e dai principi dell’Unione Europea”.
Quanto ha inciso questa lunga serie di limitazioni sulle nostre libertà garantite dalla Costituzione?
“La politica di disumanizzazione ha portato ad impedire l’ultimo saluto da parte dei famigliari ai moribondi, la chiusura delle scuole, il divieto ai bambini di stare all’aperto, quando anche un depensante sa che il sole agisce in maniera determinante nello sviluppo degli anticorpi, così fondamentali nella lotta senza confine contro questo virus. L’informazione di regime è l’antitesi della libertà di stampa: è sufficiente leggere i giornali stranieri per comprendere che, quanto riportato dai nostri media, in larghissima parte costituisce menzogna”.
L’emergenza può giustificare la limitazione dei diritti fondamentali?
“La gestione della politica di aiuti attraverso lo Stato, congiunta all’inefficienza della burocrazia, permetterà l’esplosione della spesa pubblica in ambiti del tutto estranei all’emergenza sanitaria, grazie a quella che Sansonetti (Il Riformista, 14 aprile) definisce la ‘buro-dittatura’, dopo le grida d’allarme lanciate da Sabino Cassese, uno tra i più autorevoli ed illuminati Giuristi del nostro Paese, ‘La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi’ (Il Dubbio, 14 aprile). Il rischio di deriva autoritaria è molto alto in una Nazione - l’unica nel mondo occidentale - dove la strategia della tensione negli anni 70/80 era orchestrata da apparati dello stato per provocare un approdo dittatoriale. Questo Paese ha un livello di corruzione endemica altissimo, associato ad un’economia in nero altrettanto alta, così come l’evasione e, unico caso insieme al Messico, ha ben quattro Regioni in mano alla criminalità organizzata. Questi cancri irreversibili sono aggravati da una gestione dell’emergenza incostituzionale, approssimativa e minata ancora di più da un regionalismo incompiuto, inconcludente ed in mano ad una classe politica totalmente impreparata e inadeguata”.
Stiamo assistendo ad un deficit della Democrazia?
“La censura di fatto - offerta dai grandi motori di ricerca - delle opinioni discordanti è la prova provata della maturata illiberalità di questo Paese. La volontà di affermazione del pensiero unico, l’idea che le cose potessero stare soltanto in un certo modo, unite alla considerazione crescente della non opportunità del dubbio, costituiscono pericolosi attentati alla nostra Democrazia, che occorre sminare con tutti i mezzi a disposizione. Anche in un periodo di emergenza sanitaria la libertà delle idee non può venir meno”.
C’è un diritto alla salute in grado di prevalere su qualunque altro?
“Non è previsto legislativamente un comitato di crisi (attualmente duplice e pletorico, sia per la parte relativa al tracciamento, sia per la parte relativa alla ripresa) e, quindi, si procede con scelte fantasiose, completamente adottate fuori dai parametri legislativi, costituzionali e sistematici, cercando - e, purtroppo, riuscendo - a far passare il valore della salute pubblica come preminente sulla libertà personale. In tempi non sospetti, il costituzionalista Alessandro Pace, con la voce dell’Enciclopedia del Diritto ‘Libertà personale’ (dir. cost.), scriveva espressamente che ‘Va subito affermato che non sembra che l’art. 13 possa cedere all’art. 32; pertanto tutte le restrizioni coattive per motivi di sanità devono di necessità seguire la via giurisdizionale prevista da quell’articolo’ (pag. 298). Ed ancora Alessandro Pace ‘D’altro canto mai potrebbe, dall’autorità pubblica, essere invocato l’art. 32 della Costituzione per derogare, per motivi di salute, alla portata e alle garanzie dell’art. 13’ (pag. 296). Correva l’anno 1974”.
Siamo tutti pieni di dubbi in questo momento. Come sarà il futuro?
“Prima o poi si uscirà dalla pandemia da Covid-19. L’umanità, in passato, ha già superato altre durissime prove, ben più pericolose, uscendone sempre viva, riportando più di una semplice frattura alle ossa. Superare la crisi economica e finanziaria che sta avanzando sarà, invece, decisamente più difficile. Si assisterà sicuramente ad un crollo del PIL, congiunto ad un fabbisogno di liquidità da iniettare nel sistema, se non altro per consentire alla popolazione di sopravvivere. Queste sono ormai due certezze, di cui tutti sono consapevoli”. Non ho altro da aggiungere, vostro onore
 Silvia Gullino

martedì 5 maggio 2020

MISERAMENTE RICCHI



Come ha scritto Francis Scott Fitzgerald

“ i ricchi sono diversi da te e me, 
la loro ricchezza li rende cinici e gli fa credere 
di essere migliori di noi”

Secondo l' Oxfam, dal 2015 1% più ricco al mondo possiede più ricchezza del resto del pianeta. I miliardari pensano che il loro destino non sia più legato a quello delle altre persone convinti di vivere su un altro pianeta che falsamente si sono costruiti con i loro privilegi. Come pure le grandi aziende non ammetteranno mai i loro tentativi di indebolire i sindacati, e contrastare le misure dei governi in tema del lavoro, ambiente e privacy. Mano a mano che il ricordo della crisi finanziaria del 2008 sbiadisce, rispolverano il mito secondo cui non dipendono più dagli stati.

Quando sappiamo che quando scoppia una crisi sono i governi con gli interventi pubblici a salvare le grandi aziende per salvaguardare i posti di lavoro, una forma diabolica di ricatta che in questo va a favorire sempre i ricchi piuttosto che i lavoratori. Le aziende dovrebbero essere cedute alla gestione dei lavoratori e non salvate con soldi pubblici e rimesse nelle mani degli stessi che generano le crisi finanziarie. Queste scelte politiche sembrano scritte per ridistribuire la ricchezza verso l'alto ad ogni crisi.

Questo meccanismo produce l'ottusità dei sostenitori del libero mercato che stanno danneggiato i loro stessi interessi perchè non hanno capito che trasferire i posti di lavoro in paesi con standard sindacali , ambientali e giuridici più bassi è una questione di pubblico interesse – Come ha scritto l'economista Branko Milanovic “ si rifiutano di pagare un salario decente, ma finanziano le filarmoniche” I ricchi devono smettere di pensare di essere una classe a se.

Paradossalmente la globalizzazione è il peggior nemico della capitalismo che inizia ad avere meno possibilità di sfruttare lavoratori e materie prime a basso costo dei paesi in via di sviluppo.

Il capitalismo ha completato il suo ciclo evolutivo trasformandosi in finanza pura, non esistono più padroni di operai ma padroni di soldi che controllano tutto ed i politici, a loro asserviti, sono i legislatori dei loro voleri.

L’amore dopo la grande mutazione


L' Amore dopo la grande mutazione
18 aprile 2020
Mi sono ammalato a Parigi l’11 marzo, prima che il governo francese decretasse le misure d’isolamento della popolazione, e poco più di una settimana dopo, quando sono guarito, il mondo era cambiato. Mi ero messo a letto mentre il mondo era ancora vicino, collettivo, vischioso e sporco. Mi sono rialzato ed era diventato distante, individuale, asettico e igienico. Durante la malattia non potevo valutare quel che succedeva da un punto di vista politico o economico, perché la febbre e il malessere avevano la meglio sulle mie energie vitali. Nessuno è filosofo quando la testa ti sembra esplodere.
Di tanto in tanto seguivo le notizie, cosa che aumentava il mio disagio. La realtà era indissociabile da un brutto sogno, e le prime pagine dei giornali erano ancora più sconcertanti di qualunque incubo provocato dai miei deliri febbrili. Come ricetta antistress per due giorni ho deciso di non aprire internet. A questo e all’olio essenziale di origano attribuisco la mia guarigione. Non avevo difficoltà a respirare, ma faticavo a pensare di continuare a respirare. Non avevo paura di morire, ma avevo paura di farlo da solo.
La nuova forma delle cose
Tra la febbre e l’ansia mi sono detto che i parametri di organizzazione del comportamento sociale erano cambiati per sempre e che non si sarebbero potuti modificare mai più. E mentre la mia respirazione diventava più facile, ho sentito la forza di un’evidenza che mi ha lasciato senza fiato: tutto sarebbe rimasto per sempre nella nuova forma che le cose avevano preso.
Avremmo avuto accesso a forme di consumo digitale sempre più spinte, ma in questo modo i nostri corpi, i nostri organismi fisici, sarebbero stati privati di qualunque contatto e di qualunque vitalità. La mutazione avrebbe preso la forma di una cristallizzazione della vita organica, di una digitalizzazione del lavoro e dei consumi, e di una smaterializzazione del desiderio.
Che importanza ha dire alla persona amata che l’amate, se comunque non la potrete più rivedere?
Le coppie sposate sarebbero state confinate in casa 24 ore su 24, poco importa se amando o detestando il coniuge, o entrambe le cose, il che, tra l’altro, è una cosa normalissima: la coppia è retta da una legge della fisica quantistica secondo cui non c’è opposizione di termini contrari, ma una simultaneità di fatti dialettici.
In questa nuova realtà chi di noi aveva perso l’amore o non l’aveva trovato in tempo, cioè prima della grande mutazione del covid-19, sarebbe stato condannato a passare il resto della vita completamente solo. Saremmo sopravvissuti ma senza tatto, senza pelle. Chi non aveva osato dire alla persona amata che l’amava non avrebbe più potuto raggiungerla anche se poteva continuare a esprimere il suo amore e doveva adesso vivere per sempre nell’attesa impossibile di un incontro fisico che non ci sarebbe mai stato. Chi aveva scelto di viaggiare sarebbe rimasto per sempre dall’altra parte della frontiera, e i borghesi partiti in crociera o in campagna per passare i giorni di isolamento nelle loro piacevoli seconde case (poverini!) non sarebbero più potuti tornare in città. Le loro abitazioni principali sarebbero state requisite per accogliere i senza dimora che, a differenza dei ricchi, vivono in permanenza in città.
Tutto sarebbe stato definito sulla base di questa forma nuova e imprevedibile che le cose avevano preso dopo il virus. Quello che sembrava un isolamento temporaneo si sarebbe prolungato per il resto della nostra vita. Forse le cose sarebbero cambiate di nuovo, ma non per chi di noi ha più di quarant’anni. Questa sarebbe stata la nuova realtà. La vita dopo la grande mutazione. Mi sono quindi chiesto se valeva la pena continuare a vivere così.
La mia teoria del complotto preferita
La prima cosa che ho fatto uscendo dal letto, dopo essere stato malato per una settimana tanto enorme e strana quanto un nuovo continente, è stata quella di chiedermi: in quali condizioni e in che modo varrebbe la pena continuare a vivere? La seconda cosa, prima di trovare una risposta a questa domanda, è stata scrivere una lettera d’amore. Tra tutte le teorie del complotto che ho letto, quella che mi ha più sedotto afferma che il virus è stato creato da un laboratorio per fare in modo che tutti gli amanti abbandonati del mondo possano ritrovare i loro ex, senza però essere veramente obbligati a tornare insieme.
Piena di lirismo e di tutte le angosce accumulate in una settimana di malattia, di timori e di dubbi, la lettera alla mia ex non era solo una dichiarazione d’amore tanto poetica quanto disperata, ma era soprattutto un documento umiliante per chi l’aveva scritta. Ma se le cose non potevano più cambiare, se la lontananza impediva per sempre di toccarsi di nuovo, che importanza poteva avere il fatto di rendersi ridicoli in questo modo? Che importanza poteva avere il fatto di dire il vostro amore alla persona amata, sapendo che probabilmente vi aveva già dimenticato o sostituito, se comunque non l’avreste mai più potuta rivedere? La nuova situazione, nella sua granitica immobilità, permetteva un nuovo grado di sorpresa, ma anche della propria capacità di mettersi in ridicolo.
Ho scritto questa lettera bella e terribilmente patetica a mano, l’ho messa in una busta bianchissima e sopra ho scritto, con la mia migliore calligrafia, il nome e l’indirizzo della mia ex. Mi sono vestito, ho messo una maschera, i guanti e le scarpe che avevo lasciato vicino alla porta, e sono sceso al piano terra. Qui, seguendo le regole dell’isolamento, non mi sono diretto al portone ma sono andato in cortile dove si butta la spazzatura. Ho aperto il contenitore per la differenziata e ci ho messo la lettera, rigorosamente in carta riciclabile.
Sono risalito tranquillamente nel mio appartamento. Ho lasciato le scarpe davanti alla porta, sono entrato, mi sono tolto i pantaloni e li ho messi in un sacco di plastica, ho tolto la maschera e l’ho messa sul balcone per farle prendere aria, ho tolto i guanti, li ho gettati nella spazzatura e mi sono lavato le mani per due interminabili minuti. Tutto, assolutamente tutto era definito dalla procedura che si era imposta dopo la grande mutazione. Sono tornato al computer e ho controllato la posta: ed eccola lì, un’email della mia ex intitolata “Penso a te durante la crisi del virus”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.

domenica 3 maggio 2020

La gestione politica di Covid-19 come forma di amministrazione della vita e della morte di Paul B. Preciado



La gestione politica di Covid-19 come forma di amministrazione della vita e della morte traccia i contorni di una nuova soggettività. Ciò che sarà inventato dopo la crisi sarà una nuova utopia della comunità immunitaria e una nuova forma di controllo di massa dei corpi umani.
Il soggetto delle società neoliberiste tecno-patriarcali che il Covid-19 sta costruendo non ha pelle, è intoccabile, non ha mani.
Non scambia beni materiali né paga con denaro.
È un consumatore digitale con una carta di credito.
Non ha labbra né lingua.
Non parla dal vivo, lascia un messaggio vocale.
Non si riunisce e non si collettivizza.
È radicalmente individuale.
Non ha volto, ha una maschera.
Per esistere, il suo corpo organico è nascosto dietro una serie indefinita di mediazioni semio-tecniche, una serie di protesi cibernetiche che sono anch’esse maschere: indirizzo e-mail, account Facebook, Instagram e Skype.
Non è un agente fisico, ma un tele-produttore,
è un codice,
un pixel,
un conto bancario,
una porta con un nome,
un indirizzo a cui Amazon può inviare i suoi ordini.

ll virus ha anche reso visibile una cartografia delle aree improduttive del corpo sociale all'interno della nuova gestione farmacopornografica, quelle che sembrano essere obsolete nel nuovo regime di produzione tecno-digitale. 
Queste sono aree che erano già state lasciate dall'altra parte del confine biopolitico e che oggi appaiono doppiamente vulnerabili: dove vivono gli anziani, coloro che non saranno più in grado di trasformarsi in soggetti tecno-cibernetici, in particolare quelli istituzionalizzati nelle industrie della morte note come case di riposo; organismi considerati disabili, in particolare quelli istituzionalizzati nelle industrie della morte noti come residenze per disabili; gli organismi criminali rinchiusi nelle industrie della morte conosciute come carceri, universi paralleli totalmente al di fuori della bolla di Internet ... 
Le istituzioni di confinamento, compresi gli ospedali, ora appaiono, non come enclave di mantenimento del ordine e disciplina sociale, ma come legami fragili in una catena biopolitica in evoluzione.
Uno dei cambiamenti biopolitici fondamentali nelle tecniche farmacopornografiche che caratterizzano la crisi di Covid-19 è che la casa personale, la casa, la casa privata e non le tradizionali istituzioni di contenimento e normalizzazione della società (ospedale, fabbrica, prigione, scuola ...), ora appare come il nuovo centro di produzione, consumo e controllo politico. 
Non si tratta più solo di rendere la casa il luogo in cui il corpo è confinato, come nel caso della gestione della peste. 
La casa personale è ormai diventata il centro dell'economia della tele-consumo e della tele-produzione. 
Lo spazio domestico ora esiste come punto in uno spazio di cyber sorveglianza, un luogo identificabile su una mappa di Google, un'immagine riconoscibile da un drone.
I nostri mezzi di telecomunicazione portatili sono i nostri nuovi carcerieri e i nostri stessi interni domestici sono diventati la nostra prigione molle e iperconnessa del futuro.

UNA OPPORTUNITA’

Tutto ciò potrebbe essere una brutta notizia o una grande opportunità. È proprio perché i nostri corpi sono le nuove enclavi del biopotere e i nostri appartamenti le nuove cellule della biovigilanza che è più urgente che mai inventare nuove strategie di emancipazione cognitiva e resistenza, per iniziare nuove forme di antagonismo.

Contrariamente a quanto si possa immaginare, la nostra salute non verrà dal confine o dalla separazione, ma da una nuova comprensione della comunità con tutti gli esseri viventi, un nuovo equilibrio con altri esseri viventi nel pianeta.
Abbiamo bisogno di un parlamento di corpi planetari, un parlamento non definito in termini di identità o politiche di nazionalità, un parlamento di corpi (vulnerabili) che vivono sul pianeta Terra. L'evento Covid-19 e le sue conseguenze ci esortano una volta per tutte a superare la violenza con cui abbiamo definito la nostra immunità sociale.
La guarigione e il recupero non possono essere un puro gesto immunologico di ritiro dal sociale, di chiusura della comunità.
La guarigione e la cura non possono che essere un processo di trasformazione politica.
Guarire in quanto società significherebbe inventare una nuova comunità al di là delle politiche di identità e il frontiera con cui finora abbiamo prodotto la sovranità, ma anche al di là della riduzione della vita alla biosorveglianza cibernetica .
Restare in vita, mantenerci in vita come pianeta, di fronte al virus ma anche a ciò che potrà succedere, significa mettere in atto nuove forme di cooperazione planetaria. Così come il virus muta, se vogliamo resistere alla sottomissione, anche noi dobbiamo subire una mutazione.

Dobbiamo passare da una mutazione forzata a una mutazione decisa da noi. Dobbiamo operare una riappropriazione critica delle tecniche biopolitiche e dei loro dispositivi farmacopornografici. Prima di tutto, è indispensabile modificare il rapporto dei nostri corpi con le macchine per biovigilanza e biocontrollo: non sono semplicemente dispositivi di comunicazione. Dobbiamo imparare collettivamente a modificarli. Dobbiamo anche imparare a disalinearci. I governi chiedono il confino e il telelavoro. Sappiamo che stanno chiedendo la de-collettivizzazione e il telecontrollo. Usiamo il tempo e la forza del confino per studiare le tradizioni di lotta e resistenza delle minoranze che fino a oggi ci hanno aiutato a sopravvivere. Spegniamo i nostri telefoni cellulari, disconnettiamoci da Internet. Facciamo il grande blackout di fronte ai satelliti che ci osservano e riflettiamo insieme sulla rivoluzione in arrivo.

martedì 28 aprile 2020

Il falso problema delle post-verità




Evgeny Morozov
è un sociologo e giornalista bielorusso, esperto di nuovi media, interessato allo studio degli effetti dispiegati sulla società, e sulla pratica della politica, dallo sviluppo della tecnologia e, in particolare, dalla crescente diffusione e disponibilità di mezzi di comunicazione telematica

La democrazia sta annegando in un mare di notizie false. Questa è la rassicurante conclusione a cui sono arrivati tutti quelli che nel 2016 hanno perso nelle consultazioni popolari, dalla Brexit alle presidenziali statunitensi al referendum in Italia. Per queste persone il problema non è che il Titanic del capitalismo democratico stia navigando in acque pericolose, ma che ci siano troppe notizie false sulla presenza di iceberg all’orizzonte. Da qui nascono tutte le soluzioni sbagliate: vietare i memi su internet, creare commissioni di esperti per controllare la veridicità delle notizie, multare i social network che diffondono falsità.
La crisi delle notizie false segnerà il collasso della democrazia o è solo la conseguenza di un malessere più profondo e strutturale? E’ evidente che esiste una crisi, ma una democrazia matura dovrebbe chiedersi se al centro di questa crisi ci sono davvero le notizie false o qualcosa di molto diverso. Le nostre élite, purtroppo, non hanno intenzione di farlo. La loro narrazione sulle notizie false è essa stessa falsa. E’ una spiegazione superficiale di un problema strutturale di cui rifiutano di ammettere l’esistenza. Il fatto che l’establishment abbia scelto di concentrarsi sulle notizie false dimostra fino a che punto la sua visione del mondo sia ottusa.
La vera minaccia non è l’emergere della democrazia illiberale, ma la persistenza di una democrazia immatura. Questa immaturità si manifesta in due negazioni: la negazione delle origini economiche dei problemi attuali e la negazione della profonda corruzione delle competenze professionali. Il primo rifiuto emerge chiaramente quando fenomeni come Donald Trump vengono collegati a fattori culturali come il razzismo o l’ignoranza degli elettori. Il secondo consiste nel negare che l’enorme insoddisfazione delle presone nei confronti delle istituzioni nasca dalla piena consapevolezza del modo in cui operano, e non dall’ignoranza.
Il panico sulle notizie false illustra alla perfezione queste due negazioni. Il rifiuto di riconoscere che la crisi delle notizie false ha un’origine economica fa sì che nella vicenda delle presunte influenze di hacker russi sulle lezioni statunitensi il capro espiatoria sia il Cremlino e non l’insostenibile modello economico del capitalismo digitale. Ma nessuna interferenza esterna potrebbe mai produrre notizie virali su questa scala. I movimenti di svitati che vivono sulle notizie false ci sono sempre stati, solo che in passato mancava un’infrastruttura digitale capace di rendere virali le teorie più assurde. Il problema non sono le notizie false, ma la velocità con cui si diffondono. Questo problema esiste perché il capitalismo digitale rende estremamente proficua la produzione e la circolazione di notizie false ma invitanti. Basti pensare a Google e Facebook.
Per inquadrare la crisi delle notizie false in questo modo, però, bisognerebbe superare le due negazioni fondamentali. Ma chi vorrebbe mai riconoscere che negli ultimi trent’anni sono stati i partiti politici e di centrosinistra e centrodestra a sostenere i geni della Silicon Valley, a privatizzare le telecomunicazioni e trascurare le leggi antitrust?
Il secondo tipo di negazione ignora la crisi dell’attuale modello di conoscenza basato sulla specializzazione. Quando i centri studi accettano di buon grado finanziamenti da governi stranieri, le aziende energetiche finanziano ricerche che negano il cambiamento climatico e i commissari europei lasciano il loro posto a Bruxelles per andare a lavorare a Wall Street, non possiamo certo criticare i cittadini che non si fidano degli “esperti”.
Ancora peggio è quando  a parlare di notizie false sono i mezzi di informazione che, pressati dalla crisi, sono i primi a diffonderle. Basta pensare al Washington Posta, no dei pochi giornali che oggi sostiene di essere in attivo. Dopo aver accusato vari siti d’informazione di diffondere la propaganda russa, di recente il Post ha dato la notizia di un attacco informatico russo contro una centrale elettrica statunitense. A quanto pare questo attacco non c’è mai stato, e il giornale non ha nemmeno contattato il gestore della centrale per verificare la notizia. Nell’economia digitale la verità è qualsiasi cosa attiri l’attenzione. Sentire giornalisti lamentarsi senza nemmeno riconoscere le loro colpe non rafforza la fiducia delle persone negli esperti. Non so  se la democrazia stia davvero annegando in un mare di false notizie, ma di sicuro sta affogando nell’ipocrisia dell’élite.
L’unica soluzione è rivedere le basi del capitalismo digitale. Dobbiamo fare in modo che la pubblicità online sia meno centrale nelle nostre vite, nel nostro lavoro e nel nostro modo di comunicare. Allo stesso tempo dobbiamo garantire più potere decisionale ai cittadini invece di affidarci a esperti facilmente corruttibili e ad aziende interessate solo al profitto. Questo significa costruire un mondo in Facebook e Google non abbiano  tutta questa influenza. E’ una missione degna di una democrazia matura. Purtroppo le democrazie attuali, soffocate dalla negazione, preferiscono dare la colpa a tutti meno che a sé stesse.


Articolo uscito su Internazionale del 12 gennaio 2017