martedì 12 maggio 2020

FRIULI TV.NET




vedi i nostri interventi
6 maggio 2020  Ritorno alla Anormalità
13 maggio 2020   Tradizioni
4 giugno La comunicazione strumento di  controllo di massa
5 giugno  Isolamento bambini, quali conseguenze per il loro sviluppo?



La nostra associazione collabora con questa nuova WEB Tv con una RUBRICA  fissa settimanale IL BURLONE dove, in uno spazio di 5 minuti, commentiamo temi sociali di cronaca a cura del presidente Bortone Francesco.

FRIULI TV è un nuovo servizio di televisione fruita attraverso il Web, pratica ed a portata di tutti, in ogni momento.
L’obiettivo di Friuli Tv è fare informazione quotidiana con notizie e fatti che accadono nella nostra regione.
Una “presa diretta” attraverso filmati e interviste che diano notizie aggiornate da ogni località della regione.
Fatti ed accadimenti che una volta riportati nel sito rimangono nel tempo e possono essere consultati in ogni ora del giorno e della notte e facilmente condivisi sui social o salvati.
Grazie alla rete mondiale, le nostre news sono raggiungibili in tutto il mondo grazie a questo tipo di servizio e quindi anche i friulani residenti all’estero possono aggiornarsi sui fatti della loro regione indipendentemente da dove risiedano o dal fuso orario.
FRIULI TV è gratuita.

COLLABORAZIONI
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domenica 10 maggio 2020

COMPLICI DEI NOSTRI CARCERIERI

Coronavirus: libertà fondamentali e diritti costituzionali azzerati per decreto

Il deficit democratico da Covid-19 spiegato da Alberto Rizzo, Avvocato Cassazionista e Direttore Generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria

L’Italia è in emergenza sanitaria. Lo sanno tutti. Libertà fondamentali e diritti costituzionali di milioni di cittadini sono stati praticamente azzerati per decreto. Le norme emanate in questi mesi accentrano gran parte dei poteri nelle mani del Governo con un lavoro parlamentare ridotto ai minimi termini. Al di là dell’innegabile priorità del contenimento del contagio da Covid-19, serpeggia il rischio che, insieme al sovvertimento del modo di vivere e di convivere, possa esserci anche quello del principio democratico. Oltre alla pandemia, stiamo assistendo, infatti, ad un’erosione di beni costituzionali che non avremmo probabilmente mai neanche immaginato potessero essere limitati. Non certo tutti contemporaneamente e di sicuro non fino a questo punto. L’elenco comprende la libertà di circolazione, soggiorno ed espatrio (articolo 16), la libertà di riunione (articolo 17), quelle di esercizio dei culti religiosi (articolo 19) e di insegnamento (articolo 33), la libertà di iniziativa economica (articolo 41, primo comma), nonché i diritti derivanti dalla garanzia e dall’obbligo di istruzione (articolo 34). Una situazione inedita per la Repubblica e foriera di mutamenti radicali. Per provare a fare chiarezza tra la magmatica legislazione emergenziale, lasciamo la parola ad Alberto Rizzo, Avvocato Cassazionista e Direttore Generale dell’Accademia di Educazione Finanziaria.
Avvocato, come sono state assunte le misure limitative dei diritti di fronte all’emergenza Coronavirus?
“Dal punto di vista giuridico e sociale, allo scopo di fronteggiare l’emergenza Coronavirus, il Governo ha adottato misure extra ordinem, non ricorrenti prima d’ora nella storia repubblicana. Tali misure sono state giustificate dallo stato di eccezione, dichiarato in presenza di un’emergenza sanitaria, la quale avrebbe imposto di sospendere il rispetto dello Stato di Diritto, al fine di dedicare ogni energia al superamento dell’emergenza medesima”.
Quali i punti di riferimento nella nostra Costituzione?
“Secondo Carl Schmitt (Teologia politica) ‘Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione’. Al riguardo, non vi è dubbio che il Parlamento sia l’unico luogo ove, legittimamente e costituzionalmente, si possa dichiarare lo stato di eccezione e approvare norme limitative della libertà personale. In casi straordinari di necessità e urgenza, il Governo può adottare un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione. Un passaggio parlamentare, in effetti, nella gestione della crisi sanitaria, c’è stato con la conversione del Decreto Legge 17.03.2020 n. 18 e, tuttavia, le restrizioni dei diritti fondamentali in capo ai cittadini sono giunte attraverso i D.P.C.M., ovvero i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Si ricorda, in proposito, che il Governo è un organo collegiale, rispetto al quale il Presidente del Consiglio è un semplice primus inter pares”.
Gli atti sinora adottati ai sensi del Decreto Legge n. 6/2020 sono rispettosi del diritto costituzionale?
“La decretazione del Presidente del Consiglio dei Ministri ha riguardato più materie, come gli articoli 13, 16, 17, 19, 24, 33 e 42 della Costituzione, coperte da riserva di legge e con un’incidenza altamente restrittiva dei diritti fondamentali. Anche a voler sospendere il giudizio, in attesa che venga superata la pandemia, fin da ora è sicuramente legittimo nutrire più di un dubbio, trattandosi di una fonte sub primaria. I D.P.C.M., infatti, si collocano in una zona grigia della classificazione delle fonti del diritto, tra atto politico ed atto amministrativo, e sfuggono al controllo del Parlamento, del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale”.
In queste settimane c’è parecchia confusione normativa tra ordinanze di sindaci, dei governatori e i decreti del Governo. Chi può deliberare cosa in questo momento?
“Gli strappi alle regole dello Stato di Diritto, peraltro, non finiscono qui. Troppe, infatti, le ordinanze, ulteriormente restrittive, adottate in maniera alluvionale da parte di Presidenti di Regione e Sindaci, in una vera e propria corsa al rialzo sul lockdown: si assiste, impotenti, ad una deriva localistica della gestione dell’emergenza sanitaria, assolutamente non accettabile, poiché le deroghe, ad esempio, alla libertà di circolazione possono essere stabilite soltanto con provvedimenti di livello nazionale”.
Che cosa prevede il diritto emergenziale?
“Il diritto emergenziale deve comunque rispettare i principi democratici: ne va della tenuta del sistema nel suo complesso (Minniti, Lo stato di eccezione, Aracne Editrice, 2015). Fin qui, tutte queste misure sono state bene accette e ciò costituisce un male. Tutte le forme di autoritarismo si sono affermate con il consenso della gente”.
Come un giurista valuta la gestione dell’epidemia da parte dei pubblici poteri?
“Oggi pare di risiedere in una società dove il pensiero comune ritiene che niente sia peggio della morte e, soprattutto, non la schiavitù. L’inconveniente è che questo tipo di società finisce sempre per morire. Dopo essere stata ridotta in schiavitù (Alain De Benoist). Orwell - al riguardo - ha avuto il merito non solo di prefigurare il futuro, ma di farlo così bene da essere più accurato e profondo del più raffinato intellettuale d’oggi. Meno di un secolo fa, infatti, riportava un episodio - nel suo capolavoro, ‘1984’ - in cui O’Brien - uno degli sgherri del governo totalitario - cerca di convincere Winston - il povero protagonista dissidente - che ‘2+2’ dà come risultato ‘5’. La cosa interessante è questa: Winston non deve solo dire una menzogna. Deve realmente convincersi di quella menzogna, deve pronunciarla non per compiacere il carnefice, ma per plagiare in maniera irreversibile il proprio cervello. Alla fine ci riesce. È la vera, tombale, vittoria del regime.  Un regime ‘serio’ - questa la straordinaria intuizione di Orwell - non vince davvero se ti costringe a pensarla come lui. I regimi perfetti vanno oltre: ottengono dalla coscienza e dall’intelligenza delle loro vittime una resa totale e incondizionata. Questa consiste non nella disponibilità a mentire, ma nella trasmutazione della menzogna in verità”.
Come si traduce tutto questo al giorno d’oggi?
“Oggi, questo scenario si è realizzato rispetto a molte vicende: che sia la BEI, il MES, i Corona bond, il SURE, o qualsiasi altro meccanismo, la verità che pare tingersi di conferma all’orizzonte è soltanto una, consistente nel fatto che i cittadini ‘aiutano’ se stessi spendendo più soldi di quelli ricevuti e cioè impegnandosi a restituire il presunto atto di generosità, con gli interessi, per i decenni a venire. Niente è a fondo perduto, nulla è ‘regalato’ dallo Stato. Ogni risorsa proviene dalle banche e dovrà essere restituito da privati, famiglie ed imprese”.
Quali rischi corriamo nell’immediato futuro?
“Il vero problema, se si analizza a fondo la questione, non è economico: è psicologico. Chiunque ha ancora un briciolo di coscienza critica ‘vede’ queste cose. Il dramma è il numero enorme di soggetti, sia tra i governanti che tra i governati, che non le ‘vedono’ più.  Alcuni - quando parlano di ‘Impegno straordinario’, di ‘Sfida epocale’ - certamente mentono sapendo di mentire. Ma moltissimi altri mentono ‘non’ sapendo di mentire. Sono giunti allo stadio di intossicazione cronica della coscienza di cui parlava Orwell: quello dove ‘2+2’ fa ‘5’, con un impegno preoccupante ad abolire la socializzazione umana, in modi e modalità che portano ad un disagio inimmaginabile. ‘L’unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa - un terrore senza nome, irragionevole, ingiustificato, che paralizza gli sforzi necessari per convertire la ritirata in progresso’. Le parole sono di Franklin Delano Roosevelt. La sua sfida era la recessione, non la malattia, ma le sue parole hanno, oggi più che mai, una risonanza più ampia. La paura è pericolosa. È il nemico della ragione. Sopprime l’equilibrio ed il giudizio. Ed è contagiosa”.
I cittadini di fronte all’emergenza obbediscono ai divieti senza farsi troppe domande…
“Il Coronavirus, probabilmente, è l’esempio più recente e dannoso, con governi che hanno adottato, con il sostegno dell’opinione pubblica, le misure più estreme ed indiscriminate, sottoponendo la maggior parte della popolazione, giovane o anziana, vulnerabile o in salute, alla detenzione domiciliare a tempo indeterminato, in un quadro di incertezza giorno dopo giorno sempre più inquietante e pericolosa per la nostra Democrazia”.
Quanto incide questa lunga serie di limitazioni sulle nostre libertà garantite dalla Costituzione?
“La limitazione del diritto costituzionale alla circolazione, ad esempio, può essere ipotizzato soltanto sulla base di un’identificazione della malattia certa, fondata su presupposti oggettivi, legati alla tipologia dell’emergenza sanitaria, consistente in un ‘virus da contatto, non aereo’. Al riguardo, i Protocolli specifici di prevenzione per la tutela del personale sanitario prevedono, essenzialmente, due condizioni di salvaguardia per la sanità pubblica: il distanziamento di un metro dalle altre persone; e, fino a prova contraria, trattandosi di un contagio trasmissibile per contatto sotto tale distanza, la permanenza con una persona infetta per oltre 15 minuti. Pertanto, se si salisse sulla propria autovettura, da soli, non si potrebbe contagiare alcuno, viaggiando indisturbati sino al confine dello Stato, circolando liberamente per tutte le zone del Paese. Ma ciò è vietato, illegittimamente e forse anche illecitamente dall’attuale Governo”.
 Quali diritti costituzionali sono coinvolti?
“La limitazione della libertà di circolazione durante la quarantena, così come è stata congeniata (sostanzialmente non si poteva più uscire di casa), si è trasformata in violazione della libertà personale, la quale non può mai essere limitata, se non in casi particolari ed individuali (vedi, ad esempio, il T.S.O. - Trattamento Sanitario Obbligatorio). La violazione della libertà costituzionale di professare la propria religione con il divieto imposto di recarsi ai templi delle varie confessioni, al fine di professarla singolarmente. L’assordante silenzio su questi provvedimenti liberticidi da parte del Presidente della Repubblica, che su profili di tale gravità non si è ancora espresso, ma anzi ha avallato, rendendo di estrema attualità la considerazione di Albert Einstein, secondo il quale: ‘Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare’”.
La Costituzione disciplina lo stato di emergenza?
“In Italia non esiste lo stato di emergenza, ma solo di guerra. La nostra Costituzione conosce lo ‘Stato di guerra’ (art. 78), non lo ‘Stato di emergenza’. Non a caso, lo Stato di emergenza è stato dichiarato in base agli artt. 7, 1° comma, lettera c) e 24, 1° comma, Decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 1: quindi, in base ad una Legge ordinaria, ovvero in forza del Codice della Protezione Civile, e non in base alla Costituzione. Ad ogni modo, lo ‘Stato di guerra’ deve essere deliberato dal Parlamento, il quale stabilisce quali sono i poteri del Governo per far fronte alla situazione (art. 78 Costituzione) ed infine deve essere dichiarato dal Presidente della Repubblica (art. 87 Costituzione)”.
Il Parlamento, quindi, è tagliato completamente fuori?
“Nel nostro caso lo ‘Stato di emergenza’ non è stato deliberato dal Parlamento, né dichiarato dal Presidente della Repubblica. Dal che, in breve, si può affermare come né la nostra Costituzione, né la nostra Legge ordinaria, offrono strumenti per dar disciplina giuridica all’odierna tragedia. Ma l’assenza di riferimenti costituzionali ed ordinari per far fronte ad una pandemia da virus non significa allora libertà piena per il Governo di adottare ogni misura. Ciò è escluso dallo stesso Codice della Protezione Civile che, all’art. 25, espressamente prevede come ogni provvedimento debba essere adottato ‘nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione europea””.
Come sarebbe stato preferibile agire?
“Seppur la nostra Costituzione non contenga una disciplina specifica dello ‘Stato di emergenza’, non di meno la legislazione di emergenza deve rispettare la nostra Costituzione, nonché i principi dell’Unione europea, per tutto quanto emerge dalla nostra Costituzione e dai principi dell’Unione Europea”.
Quanto ha inciso questa lunga serie di limitazioni sulle nostre libertà garantite dalla Costituzione?
“La politica di disumanizzazione ha portato ad impedire l’ultimo saluto da parte dei famigliari ai moribondi, la chiusura delle scuole, il divieto ai bambini di stare all’aperto, quando anche un depensante sa che il sole agisce in maniera determinante nello sviluppo degli anticorpi, così fondamentali nella lotta senza confine contro questo virus. L’informazione di regime è l’antitesi della libertà di stampa: è sufficiente leggere i giornali stranieri per comprendere che, quanto riportato dai nostri media, in larghissima parte costituisce menzogna”.
L’emergenza può giustificare la limitazione dei diritti fondamentali?
“La gestione della politica di aiuti attraverso lo Stato, congiunta all’inefficienza della burocrazia, permetterà l’esplosione della spesa pubblica in ambiti del tutto estranei all’emergenza sanitaria, grazie a quella che Sansonetti (Il Riformista, 14 aprile) definisce la ‘buro-dittatura’, dopo le grida d’allarme lanciate da Sabino Cassese, uno tra i più autorevoli ed illuminati Giuristi del nostro Paese, ‘La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi’ (Il Dubbio, 14 aprile). Il rischio di deriva autoritaria è molto alto in una Nazione - l’unica nel mondo occidentale - dove la strategia della tensione negli anni 70/80 era orchestrata da apparati dello stato per provocare un approdo dittatoriale. Questo Paese ha un livello di corruzione endemica altissimo, associato ad un’economia in nero altrettanto alta, così come l’evasione e, unico caso insieme al Messico, ha ben quattro Regioni in mano alla criminalità organizzata. Questi cancri irreversibili sono aggravati da una gestione dell’emergenza incostituzionale, approssimativa e minata ancora di più da un regionalismo incompiuto, inconcludente ed in mano ad una classe politica totalmente impreparata e inadeguata”.
Stiamo assistendo ad un deficit della Democrazia?
“La censura di fatto - offerta dai grandi motori di ricerca - delle opinioni discordanti è la prova provata della maturata illiberalità di questo Paese. La volontà di affermazione del pensiero unico, l’idea che le cose potessero stare soltanto in un certo modo, unite alla considerazione crescente della non opportunità del dubbio, costituiscono pericolosi attentati alla nostra Democrazia, che occorre sminare con tutti i mezzi a disposizione. Anche in un periodo di emergenza sanitaria la libertà delle idee non può venir meno”.
C’è un diritto alla salute in grado di prevalere su qualunque altro?
“Non è previsto legislativamente un comitato di crisi (attualmente duplice e pletorico, sia per la parte relativa al tracciamento, sia per la parte relativa alla ripresa) e, quindi, si procede con scelte fantasiose, completamente adottate fuori dai parametri legislativi, costituzionali e sistematici, cercando - e, purtroppo, riuscendo - a far passare il valore della salute pubblica come preminente sulla libertà personale. In tempi non sospetti, il costituzionalista Alessandro Pace, con la voce dell’Enciclopedia del Diritto ‘Libertà personale’ (dir. cost.), scriveva espressamente che ‘Va subito affermato che non sembra che l’art. 13 possa cedere all’art. 32; pertanto tutte le restrizioni coattive per motivi di sanità devono di necessità seguire la via giurisdizionale prevista da quell’articolo’ (pag. 298). Ed ancora Alessandro Pace ‘D’altro canto mai potrebbe, dall’autorità pubblica, essere invocato l’art. 32 della Costituzione per derogare, per motivi di salute, alla portata e alle garanzie dell’art. 13’ (pag. 296). Correva l’anno 1974”.
Siamo tutti pieni di dubbi in questo momento. Come sarà il futuro?
“Prima o poi si uscirà dalla pandemia da Covid-19. L’umanità, in passato, ha già superato altre durissime prove, ben più pericolose, uscendone sempre viva, riportando più di una semplice frattura alle ossa. Superare la crisi economica e finanziaria che sta avanzando sarà, invece, decisamente più difficile. Si assisterà sicuramente ad un crollo del PIL, congiunto ad un fabbisogno di liquidità da iniettare nel sistema, se non altro per consentire alla popolazione di sopravvivere. Queste sono ormai due certezze, di cui tutti sono consapevoli”. Non ho altro da aggiungere, vostro onore
 Silvia Gullino

martedì 5 maggio 2020

MISERAMENTE RICCHI



Come ha scritto Francis Scott Fitzgerald

“ i ricchi sono diversi da te e me, 
la loro ricchezza li rende cinici e gli fa credere 
di essere migliori di noi”

Secondo l' Oxfam, dal 2015 1% più ricco al mondo possiede più ricchezza del resto del pianeta. I miliardari pensano che il loro destino non sia più legato a quello delle altre persone convinti di vivere su un altro pianeta che falsamente si sono costruiti con i loro privilegi. Come pure le grandi aziende non ammetteranno mai i loro tentativi di indebolire i sindacati, e contrastare le misure dei governi in tema del lavoro, ambiente e privacy. Mano a mano che il ricordo della crisi finanziaria del 2008 sbiadisce, rispolverano il mito secondo cui non dipendono più dagli stati.

Quando sappiamo che quando scoppia una crisi sono i governi con gli interventi pubblici a salvare le grandi aziende per salvaguardare i posti di lavoro, una forma diabolica di ricatta che in questo va a favorire sempre i ricchi piuttosto che i lavoratori. Le aziende dovrebbero essere cedute alla gestione dei lavoratori e non salvate con soldi pubblici e rimesse nelle mani degli stessi che generano le crisi finanziarie. Queste scelte politiche sembrano scritte per ridistribuire la ricchezza verso l'alto ad ogni crisi.

Questo meccanismo produce l'ottusità dei sostenitori del libero mercato che stanno danneggiato i loro stessi interessi perchè non hanno capito che trasferire i posti di lavoro in paesi con standard sindacali , ambientali e giuridici più bassi è una questione di pubblico interesse – Come ha scritto l'economista Branko Milanovic “ si rifiutano di pagare un salario decente, ma finanziano le filarmoniche” I ricchi devono smettere di pensare di essere una classe a se.

Paradossalmente la globalizzazione è il peggior nemico della capitalismo che inizia ad avere meno possibilità di sfruttare lavoratori e materie prime a basso costo dei paesi in via di sviluppo.

Il capitalismo ha completato il suo ciclo evolutivo trasformandosi in finanza pura, non esistono più padroni di operai ma padroni di soldi che controllano tutto ed i politici, a loro asserviti, sono i legislatori dei loro voleri.

L’amore dopo la grande mutazione


L' Amore dopo la grande mutazione
18 aprile 2020
Mi sono ammalato a Parigi l’11 marzo, prima che il governo francese decretasse le misure d’isolamento della popolazione, e poco più di una settimana dopo, quando sono guarito, il mondo era cambiato. Mi ero messo a letto mentre il mondo era ancora vicino, collettivo, vischioso e sporco. Mi sono rialzato ed era diventato distante, individuale, asettico e igienico. Durante la malattia non potevo valutare quel che succedeva da un punto di vista politico o economico, perché la febbre e il malessere avevano la meglio sulle mie energie vitali. Nessuno è filosofo quando la testa ti sembra esplodere.
Di tanto in tanto seguivo le notizie, cosa che aumentava il mio disagio. La realtà era indissociabile da un brutto sogno, e le prime pagine dei giornali erano ancora più sconcertanti di qualunque incubo provocato dai miei deliri febbrili. Come ricetta antistress per due giorni ho deciso di non aprire internet. A questo e all’olio essenziale di origano attribuisco la mia guarigione. Non avevo difficoltà a respirare, ma faticavo a pensare di continuare a respirare. Non avevo paura di morire, ma avevo paura di farlo da solo.
La nuova forma delle cose
Tra la febbre e l’ansia mi sono detto che i parametri di organizzazione del comportamento sociale erano cambiati per sempre e che non si sarebbero potuti modificare mai più. E mentre la mia respirazione diventava più facile, ho sentito la forza di un’evidenza che mi ha lasciato senza fiato: tutto sarebbe rimasto per sempre nella nuova forma che le cose avevano preso.
Avremmo avuto accesso a forme di consumo digitale sempre più spinte, ma in questo modo i nostri corpi, i nostri organismi fisici, sarebbero stati privati di qualunque contatto e di qualunque vitalità. La mutazione avrebbe preso la forma di una cristallizzazione della vita organica, di una digitalizzazione del lavoro e dei consumi, e di una smaterializzazione del desiderio.
Che importanza ha dire alla persona amata che l’amate, se comunque non la potrete più rivedere?
Le coppie sposate sarebbero state confinate in casa 24 ore su 24, poco importa se amando o detestando il coniuge, o entrambe le cose, il che, tra l’altro, è una cosa normalissima: la coppia è retta da una legge della fisica quantistica secondo cui non c’è opposizione di termini contrari, ma una simultaneità di fatti dialettici.
In questa nuova realtà chi di noi aveva perso l’amore o non l’aveva trovato in tempo, cioè prima della grande mutazione del covid-19, sarebbe stato condannato a passare il resto della vita completamente solo. Saremmo sopravvissuti ma senza tatto, senza pelle. Chi non aveva osato dire alla persona amata che l’amava non avrebbe più potuto raggiungerla anche se poteva continuare a esprimere il suo amore e doveva adesso vivere per sempre nell’attesa impossibile di un incontro fisico che non ci sarebbe mai stato. Chi aveva scelto di viaggiare sarebbe rimasto per sempre dall’altra parte della frontiera, e i borghesi partiti in crociera o in campagna per passare i giorni di isolamento nelle loro piacevoli seconde case (poverini!) non sarebbero più potuti tornare in città. Le loro abitazioni principali sarebbero state requisite per accogliere i senza dimora che, a differenza dei ricchi, vivono in permanenza in città.
Tutto sarebbe stato definito sulla base di questa forma nuova e imprevedibile che le cose avevano preso dopo il virus. Quello che sembrava un isolamento temporaneo si sarebbe prolungato per il resto della nostra vita. Forse le cose sarebbero cambiate di nuovo, ma non per chi di noi ha più di quarant’anni. Questa sarebbe stata la nuova realtà. La vita dopo la grande mutazione. Mi sono quindi chiesto se valeva la pena continuare a vivere così.
La mia teoria del complotto preferita
La prima cosa che ho fatto uscendo dal letto, dopo essere stato malato per una settimana tanto enorme e strana quanto un nuovo continente, è stata quella di chiedermi: in quali condizioni e in che modo varrebbe la pena continuare a vivere? La seconda cosa, prima di trovare una risposta a questa domanda, è stata scrivere una lettera d’amore. Tra tutte le teorie del complotto che ho letto, quella che mi ha più sedotto afferma che il virus è stato creato da un laboratorio per fare in modo che tutti gli amanti abbandonati del mondo possano ritrovare i loro ex, senza però essere veramente obbligati a tornare insieme.
Piena di lirismo e di tutte le angosce accumulate in una settimana di malattia, di timori e di dubbi, la lettera alla mia ex non era solo una dichiarazione d’amore tanto poetica quanto disperata, ma era soprattutto un documento umiliante per chi l’aveva scritta. Ma se le cose non potevano più cambiare, se la lontananza impediva per sempre di toccarsi di nuovo, che importanza poteva avere il fatto di rendersi ridicoli in questo modo? Che importanza poteva avere il fatto di dire il vostro amore alla persona amata, sapendo che probabilmente vi aveva già dimenticato o sostituito, se comunque non l’avreste mai più potuta rivedere? La nuova situazione, nella sua granitica immobilità, permetteva un nuovo grado di sorpresa, ma anche della propria capacità di mettersi in ridicolo.
Ho scritto questa lettera bella e terribilmente patetica a mano, l’ho messa in una busta bianchissima e sopra ho scritto, con la mia migliore calligrafia, il nome e l’indirizzo della mia ex. Mi sono vestito, ho messo una maschera, i guanti e le scarpe che avevo lasciato vicino alla porta, e sono sceso al piano terra. Qui, seguendo le regole dell’isolamento, non mi sono diretto al portone ma sono andato in cortile dove si butta la spazzatura. Ho aperto il contenitore per la differenziata e ci ho messo la lettera, rigorosamente in carta riciclabile.
Sono risalito tranquillamente nel mio appartamento. Ho lasciato le scarpe davanti alla porta, sono entrato, mi sono tolto i pantaloni e li ho messi in un sacco di plastica, ho tolto la maschera e l’ho messa sul balcone per farle prendere aria, ho tolto i guanti, li ho gettati nella spazzatura e mi sono lavato le mani per due interminabili minuti. Tutto, assolutamente tutto era definito dalla procedura che si era imposta dopo la grande mutazione. Sono tornato al computer e ho controllato la posta: ed eccola lì, un’email della mia ex intitolata “Penso a te durante la crisi del virus”.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.

domenica 3 maggio 2020

La gestione politica di Covid-19 come forma di amministrazione della vita e della morte di Paul B. Preciado



La gestione politica di Covid-19 come forma di amministrazione della vita e della morte traccia i contorni di una nuova soggettività. Ciò che sarà inventato dopo la crisi sarà una nuova utopia della comunità immunitaria e una nuova forma di controllo di massa dei corpi umani.
Il soggetto delle società neoliberiste tecno-patriarcali che il Covid-19 sta costruendo non ha pelle, è intoccabile, non ha mani.
Non scambia beni materiali né paga con denaro.
È un consumatore digitale con una carta di credito.
Non ha labbra né lingua.
Non parla dal vivo, lascia un messaggio vocale.
Non si riunisce e non si collettivizza.
È radicalmente individuale.
Non ha volto, ha una maschera.
Per esistere, il suo corpo organico è nascosto dietro una serie indefinita di mediazioni semio-tecniche, una serie di protesi cibernetiche che sono anch’esse maschere: indirizzo e-mail, account Facebook, Instagram e Skype.
Non è un agente fisico, ma un tele-produttore,
è un codice,
un pixel,
un conto bancario,
una porta con un nome,
un indirizzo a cui Amazon può inviare i suoi ordini.

ll virus ha anche reso visibile una cartografia delle aree improduttive del corpo sociale all'interno della nuova gestione farmacopornografica, quelle che sembrano essere obsolete nel nuovo regime di produzione tecno-digitale. 
Queste sono aree che erano già state lasciate dall'altra parte del confine biopolitico e che oggi appaiono doppiamente vulnerabili: dove vivono gli anziani, coloro che non saranno più in grado di trasformarsi in soggetti tecno-cibernetici, in particolare quelli istituzionalizzati nelle industrie della morte note come case di riposo; organismi considerati disabili, in particolare quelli istituzionalizzati nelle industrie della morte noti come residenze per disabili; gli organismi criminali rinchiusi nelle industrie della morte conosciute come carceri, universi paralleli totalmente al di fuori della bolla di Internet ... 
Le istituzioni di confinamento, compresi gli ospedali, ora appaiono, non come enclave di mantenimento del ordine e disciplina sociale, ma come legami fragili in una catena biopolitica in evoluzione.
Uno dei cambiamenti biopolitici fondamentali nelle tecniche farmacopornografiche che caratterizzano la crisi di Covid-19 è che la casa personale, la casa, la casa privata e non le tradizionali istituzioni di contenimento e normalizzazione della società (ospedale, fabbrica, prigione, scuola ...), ora appare come il nuovo centro di produzione, consumo e controllo politico. 
Non si tratta più solo di rendere la casa il luogo in cui il corpo è confinato, come nel caso della gestione della peste. 
La casa personale è ormai diventata il centro dell'economia della tele-consumo e della tele-produzione. 
Lo spazio domestico ora esiste come punto in uno spazio di cyber sorveglianza, un luogo identificabile su una mappa di Google, un'immagine riconoscibile da un drone.
I nostri mezzi di telecomunicazione portatili sono i nostri nuovi carcerieri e i nostri stessi interni domestici sono diventati la nostra prigione molle e iperconnessa del futuro.

UNA OPPORTUNITA’

Tutto ciò potrebbe essere una brutta notizia o una grande opportunità. È proprio perché i nostri corpi sono le nuove enclavi del biopotere e i nostri appartamenti le nuove cellule della biovigilanza che è più urgente che mai inventare nuove strategie di emancipazione cognitiva e resistenza, per iniziare nuove forme di antagonismo.

Contrariamente a quanto si possa immaginare, la nostra salute non verrà dal confine o dalla separazione, ma da una nuova comprensione della comunità con tutti gli esseri viventi, un nuovo equilibrio con altri esseri viventi nel pianeta.
Abbiamo bisogno di un parlamento di corpi planetari, un parlamento non definito in termini di identità o politiche di nazionalità, un parlamento di corpi (vulnerabili) che vivono sul pianeta Terra. L'evento Covid-19 e le sue conseguenze ci esortano una volta per tutte a superare la violenza con cui abbiamo definito la nostra immunità sociale.
La guarigione e il recupero non possono essere un puro gesto immunologico di ritiro dal sociale, di chiusura della comunità.
La guarigione e la cura non possono che essere un processo di trasformazione politica.
Guarire in quanto società significherebbe inventare una nuova comunità al di là delle politiche di identità e il frontiera con cui finora abbiamo prodotto la sovranità, ma anche al di là della riduzione della vita alla biosorveglianza cibernetica .
Restare in vita, mantenerci in vita come pianeta, di fronte al virus ma anche a ciò che potrà succedere, significa mettere in atto nuove forme di cooperazione planetaria. Così come il virus muta, se vogliamo resistere alla sottomissione, anche noi dobbiamo subire una mutazione.

Dobbiamo passare da una mutazione forzata a una mutazione decisa da noi. Dobbiamo operare una riappropriazione critica delle tecniche biopolitiche e dei loro dispositivi farmacopornografici. Prima di tutto, è indispensabile modificare il rapporto dei nostri corpi con le macchine per biovigilanza e biocontrollo: non sono semplicemente dispositivi di comunicazione. Dobbiamo imparare collettivamente a modificarli. Dobbiamo anche imparare a disalinearci. I governi chiedono il confino e il telelavoro. Sappiamo che stanno chiedendo la de-collettivizzazione e il telecontrollo. Usiamo il tempo e la forza del confino per studiare le tradizioni di lotta e resistenza delle minoranze che fino a oggi ci hanno aiutato a sopravvivere. Spegniamo i nostri telefoni cellulari, disconnettiamoci da Internet. Facciamo il grande blackout di fronte ai satelliti che ci osservano e riflettiamo insieme sulla rivoluzione in arrivo.