Se fino ad oggi qualsiasi ipotetico
attacco al capitalismo, infatti, si è spento prima ancora di essere teorizzato
era perché le forze anticapitaliste si sono fatte mettere con le spalle al
muro, si sono fatte sgonfiare gli idoli, desemantizzare gli slogan, rubare
persino le battaglie, portandoci in un mexican standoff da
cui non sembra esserci nessuna possibilità di uscita. Come si fa infatti a distruggere qualcosa che non ha confini, né
alternative? Non si può, è un paradosso ed è su quello che
ci siamo costruiti la prigione intellettuale di altissima sicurezza che, negli
ultimi trent’anni almeno, ha permesso al capitalismo di arrivare a sentirsi
invincibile e onnipotente.
Eppure non è esattamente così, e Fisher scavando nel botro
lutulento dei nostri tempi ha trovato uno spiraglio: se il gigante ha un punto
debole, questo è proprio la sua natura assolutista.
Per questo, scrive Fischer, non bisogna arrendersi a quella che oggi, ai
nostri occhi, sembra una incontrovertibile evidenza. «Il fallimento delle
precedenti forme di organizzazione politica anticapitalista non deve essere
causa di disperazione», scrive Fisher. «La crisi è un’opportunità: ma va
trattata come straordinaria sfida speculativa, come lo stimolo per un
rinnovamento che non sia un ritorno», continua, e affonda: «Un anticapitalismo
efficace deve essere un rivale del Capitale, non una reazione ad esso. Tornare
alla territorialità precapitalista è impossibile. Al globalismo del
Capitale, l’anticapitalismo deve opporsi ricorrendo al
suo più puro, autentico universalismo».
Ma come si fa a sconfiggere un nemico così
potente e immenso? «La
lunga e tenebrosa notte della fine della storia va presa come un’opportunità
enorme. La stessa opprimente pervasività del realismo capitalista significa che
persino il più piccolo barlume di una possibile alternativa politica ed
economica può produrre degli effetti sproporzionatamente grandi. L’evento più
minuscolo può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha
segnato l’orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna
possibile». Per far collassare la tenda del circo, d’altronde,
potrebbe bastare perfino la punta di uno spillo, no?